martedì 13 maggio 2008

MOJITO - L'ATRA LUCE DEL CINEMA



MILANO 9 MAGGIO – “Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, le orecchie sono la via più breve per toccarla”. Così il giovane regista milanese Stefano Bruno commenta il cortometraggio “Mojito – L’altra luce del cinema”, il primo progetto cinematografico ideato dall'agenzia di produzioni video ed eventi Hovo Faber con la produzione della società 360Degrees Film per essere fruito, senza l'utilizzo di un audio commentary, sia da un pubblico normodotato sia da un pubblico non vedente, e presentato in anteprima a Milano nella Terrazza Martini.

Finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, patrocinato dalla Venice Film Commission e con il sostegno del CBM Italia, associazione no profit che si occupa di cura e prevenzione della cecità e della disabilità nei Paesi in Via di Sviluppo, “Mojito” fa parte di una trilogia di cortometraggi a sfondo sociale nati con l’intento di realizzare una cinematografia alternativa che coinvolga, attraverso l’utilizzo di un linguaggio innovativo ed al contempo fresco, un pubblico giovane a temi di attualità difficili da affrontare e di cui si vuole e si deve discutere. Il primo corto “Caipiroska alla fragola” era sulla prevenzione e sensibilizzazione al virus dell’HIV. Muovendosi in questa direzione, il terzo progetto, in via di realizzazione, completerà il cofanetto dal titolo“Happy Hour”.

La storia del cortometraggio, delicato e sorprendente, girato in una Venezia piena di magia, ripropone, in chiave cine-televisiva, la formula degli storici radiodrammi. Il fulcro narrativo è lo svolgersi nonché l’incontrarsi dei due personaggi protagonisti, Paolo, giovane sui trent’anni, vitale ed atletico, affetto da ipovedenza, che non riesce ad attraversare la vita senza urtarla, senza far rumore, e Anna, giovane pittrice che gli ribadisce che “nessuno lo autorizza ad essere arrogante con il mondo solo perché è cieco”. Paolo accetta la sfida: decide di far provare ad Anna cosa significa muoversi nel buio, l’amplificazione dei suoni e dei rumori le devono bastare per orientarsi. I due si muovono tra le calli veneziane alla scoperta di un mondo parallelo, fino a provare l’emozione finale e liberatoria, una sorta di rinascita per entrambi, magistralmente rappresentata e racchiusa in una corsa disperata e spasmodica in un vicolo poco più largo di un metro e mezzo.

“Mojito è una storia da gustare ad occhi chiusi - sottolinea il regista - che rende speciale la fruizione sia per chi può vedere le immagini, sia per chi ne può seguire solamente la parte sonora”. E’ pensato per essere un’esperienza multisensoriale, che permette allo spettatore una fruizione del film in tre dimensioni: i suoni, i rumori e le voci sono portati attorno allo spettatore, contestualizzandolo al centro della scena e, quindi, immettendolo naturalmente dentro la storia”.

In “Mojito” niente è lasciato al caso. Una serie di accortezze tecniche e narrative, permettono di seguire completamente lo svilupparsi della narrazione. Vista e udito corrono di pari passo e raccontano la stessa storia vivendo sì complementariamente ma avendo la possibilità di svincolarsi l’una dall’altro e rendere lo spettatore protagonista attivo, immerso magicamente in un mondo che pian piano sembra acquisire i connotati della realtà.

Al di là della maestria tecnica, narrativa, al di là di ciò che “Mojito – L’altra luce del cinema” possa rappresentare come prodotto di nuova frontiera cinematografica, l’elemento che traspare chiaramente è il messaggio che si è voluto far vedere e sentire a 360 gradi: la lotta al pregiudizio nei confronti di ogni forma di disabilità e la continua tensione verso una pari dignità per tutte le persone.

Nessun commento: